I RISULTATI DELL’EFFETTIVO DIRITTO DI ACCESSO AGLI UFFICI GIUDIZIARI
Per comprendere quale possa essere il risultato di un effettivo diritto di accesso a corti e tribunali, è sufficiente osservare quanto accade in altre giurisdizioni. Emerge che, guarda caso, l’efficienza e la competitività, quindi il benessere, di ogni Stato risulta quale conseguenza immediata del livello di accesso diretto agli uffici giudiziari da parte degli utenti, sia in qualità di parti, che di componenti del corpo giudicante.
Vediamo quindi i dati concreti, iniziando dalla giurisdizione italiana. Come già evidenziato, a fronte di settori d’eccellenza che posizionano il nostro Paese ai vertici delle classifiche mondiali, l’Italia si ritrova, però, a competere, al 43° posto, tra Latvia e Kazakistan, sostanzialmente grazie alle collocazioni inferiori “conquistate” dai nostri azzeccagarbugli, magistrati e notai. Da noi l’utente viene, nella sostanza, impedito a rappresentare personalmente il proprio caso, salvo circostanze alquanto limitate; nel caso in cui il causidico rinunci al mandato nelle cause civili, l’utente è inoltre escluso automaticamente dal procedimento, anche laddove possegga prove documentali da produrre in giudizio, salvo che venga nominato un leguleio sostitutivo. Sono attuali gli esempi dove la conseguenza di simili atteggiamenti è stata la perdita della prima casa a seguito di pignoramento, quindi di asta, sebbene l’utente fosse creditore invece che debitore.
Il Portogalllo è un po’ meno restrittivo dell’Italia. L’obbligo di rappresentanza in giudizio viene contemplato per le procedure avanti i tribunali superiori o in quei procedimenti dove è previsto ricorso (articolo 40 del codice di procedura civile). Nel caso in cui l’avvocato rinunci all’incarico e l’utente rimanga senza sostituto, il difensore viene, a seconda dei casi, nominato d’ufficio oppure dal presidente dell’ordine territoriale degli avvocati (articoli 47 e 51 del codice di procedura civile).
L’efficienza del Portogallo nel risolvere le cause si colloca al 114° posto a livello mondiale, rispetto al 139° dell’Italia; il Portogallo si colloca poi al 38° posto nella classifica mondiale della competitività, in paragone al 43° del nostro Paese.
Il diritto portoghese si limita a rispettare la soglia minima stabilita per il diritto di accesso agli uffici giudiziari previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, della convenzione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, come confermato dalla corte di Strasburgo; questa soglia e, per effetto, anche la corte dei Diritti dell’Uomo, è spesso criticata da alcune giurisdizioni che andremo ad esaminare di seguito perché ritenuta insufficiente o superata. In effetti la posizione della corte di Strasburgo in merito, sebbene lontana dagli atteggiamenti estremisti adottati da avvocatura e magistratura italiane, appare alquanto influenzata dalle giurisdizioni dell’Europa centro-meridionale. Causidici e magistrati italiani, d’altro canto, giudicano i principi basilari enunciati dalla corte dei Diritti dell’Uomo ardui da comprendere, quindi preferiscono contravvenirli in modo diretto ed esplicito.
L’ articolo 23 del codice di procedura civile spagnolo stabilisce la comparizione delle parti a mezzo di procuratore. Quest’ultimo deve possedere una laurea in diritto – invece che in giurisprudenza, teniamo ad evidenziare – o altro titolo universitario di grado equivalente. Qui i causidici italiani inizierebbero già ad opporre come, per la rappresentanza in giudizio, sia proprio necessaria una pratica di 18 mesi presso di loro, sebbene è oramai noto che l’esito è quello di un’incompetenza tecnico-giuridica probabilmente superiore a quella acquisita al termine del corso di laurea in giurisprudenza ottenuto meno di due anni prima. Inoltre vedremo come, in realtà, anche le regole di rappresentanza spagnole risultino restrittive.
Gli utenti degli uffici giudiziari spagnoli possono presentare personalmente il proprio caso quando:
a) il valore della causa è inferiore o uguale a €2.000;
b) devono depositare l’atto iniziale di un procedimento monitorio o presentare titoli di credito;
c) intendono chiedere provvedimenti urgenti anteriori al giudizio.
L’articolo 30 del codice medesimo prevede che, in caso di revoca o rinuncia dell’incarico, il procuratore potrà abbandonare il patrocinio solo quando sarà sostituito. Trascorsi dieci giorni senza che la sostituzione abbia avuto luogo, il rappresentante si intenderà liberato dal patrocinio.
Anche in questo caso siamo in presenza della soglia limite dettata dalla corte di Strasburgo; l’ultima parte dell’articolo 30 summenzionato rischia persino di contravvenirla. Le previsioni un po’ più flessibili dell’articolo 23, tuttavia, controbilanciano questa lacuna.
L’efficienza della Spagna nel risolvere le cause si colloca all’88° posto a livello mondiale – precedendo l’Italia di oltre 50 posizioni - e al 33° posto nella classifica della competitività, con ben 10 posizioni di vantaggio sul nostro Paese.
Nel codice di procedura civile francese si inizia a notare una posizione inversa. L’articolo 18 dispone il diritto alla difesa personale in giudizio come principio cardine, il quale è soggetto a riserve che prevedono la rappresentanza obbligatoria. In ogni caso, l’articolo 20 statuisce che il giudice può sempre sentire le parti personalmente. Qualora la rappresentanza sia obbligatoria, il procuratore potrà, a norma del 2° comma dell’articolo 419 del codice di procedura civile, abbandonare il suo incarico solo nel momento in cui venga sostituito per mezzo di costituzione in giudizio o, in difetto, di nomina da parte del presidente dell’ordine professionale competente oppure dell’organismo disciplinare.
Appare prevedibile che, su queste premesse, si assista ad un balzo in avanti relativo all’efficienza a risolvere le cause: la Francia si classifica, infatti, al 28° posto e, quindi, al 22° per competitività mondiale.
Facciamo un ulteriore passo avanti e spostiamoci in Germania. La sezione 79 della procedura civile tedesca contempla la facoltà delle parti alla rappresentanza personale in giudizio salvo laddove disposto altrimenti. Anche qui si può notare un’impostazione esattamente opposta all’articolo 82, comma 3°, del codice di procedura civile italiano. Il passo in avanti rispetto alla Francia e alla Spagna è che la rappresentanza obbligatoria può essere esercitata da famigliari, da organizzazioni associative come, ad esempio, quelle dei consumatori, dai dipendenti dell’azienda, pubblica o privata, che è parte in giudizio e da agenzie di riscossione. Un ulteriore vantaggio è costituito dal fatto che, qualora la corte avverta un difetto nella rappresentanza, gli atti compiuti e notificati fino a quel momento sono ritenuti validi salvo che si rivelino necessari alcuni accorgimenti. Il 4° paragrafo della sezione 79 può risultare pregiudizievole alla sensibilità di avvocati e magistrati italiani, per cui si consiglia loro l’eventuale lettura della proposizione che segue in compagnia di persone mature; detto paragrafo, invero, enuncia persino i casi di incompatibilità di persone che facciano parte di giurie popolari e che intendano rappresentare una parte in giudizio. Qui, in effetti, andremmo troppo oltre nel volersi confrontare con la procedura italiana che avvocatura e magistratura desiderano sia definita “culla del diritto”. Anche la procedura civile tedesca, alle sezioni 78b e 244, prevede vari principi qualora, nell’ipotesi di obbligo di rappresentanza, l’utente si trovi senza procuratore; vi è, in particolare, la sospensione del procedimento sino alla nomina del sostituto sia da parte dell’interessato che, in alternativa, della corte.
Risulta superfluo evidenziare le conseguenze sul benessere nazionale: l’efficienza della Germania nel risolvere le cause si colloca al 16° posto a livello mondiale, portando la sua competitività in 4^ posizione. È in dubbio, di conseguenza, se lo stato attuale in cui si trova l’Italia sia dovuto all’Euro, all’Europa, alla Germania oppure ad avvocati, magistrati e notai italiani; ci si domanda altresì se le colpe che molti vogliono attribuire a fattori esterni alla penisola italiana possano, in realtà, rappresentare una scusante per eludere, magari anche a causa delle paure tipiche del maschio latino, il contrasto ai veri responsabili che hanno condotto allo stato attuale dell’Italia, ossia ad avvocatura, magistratura e notariato.
Ora passiamo a qualcosa di un po’ spinto per le menti di magistrati ed avvocati italiani, per cui si consiglia loro di andare a coricarsi ed evitare di leggere, qualora in grado di farlo, quanto segue. L’articolo 68 del codice di procedura civile svizzero stabilisce che ogni parte può - non deve - farsi rappresentare nel processo: è inesistente un obbligo di rappresentanza salvo nel caso in cui l’interessato sia manifestamente impedito a condurre la propria causa. In quest’ultimo frangente l’articolo 69 del codice di procedura civile dispone che il giudice possa ingiungere alla parte di far capo a un rappresentante – non necessariamente avvocato - entro un termine impartito; in mancanza, il giudice le designa un rappresentante d'ufficio.
Risultato: la Svizzera si posiziona 8^ per l’efficienza a risolvere le cause e si rivela il Paese più competitivo al mondo.
Con buona pace di causidici e magistrati che continuano ad approntare improbabili differenze, per lo più di tipo accademico, tra giurisdizioni di civil law (quelle che, in poche parole, sarebbero basate solo su codici e leggi scritte) e common law (dove, si sostiene, la legge viene emanata solo dalle corti), segnaliamo che quanto sopra corrisponde in toto a giurisdizioni di civil law.
Passiamo dunque, proprio per accontentare magistrati ed azzeccagarbugli impegnati in erudite dissertazioni, ad una giurisdizione di common law quale l’Inghilterra. È inesistente, qui, una regola scritta che detti i principi di rappresentanza in giudizio, poiché ritenuta superflua, così come l’Italia sembra priva di una legge che dia diritto a tutti di accedere agli uffici postali, probabilmente perché reputata altrettanto inutile. Per deludere maggiormente magistrati e legulei, l’Inghilterra è sprovvista di una costituzione così come intesa in Italia, tanto meno di una norma come l’articolo 24 con i rischi che ne conseguono. Se, infatti, azzeccagarbugli e magistrati sono riusciti ad impedire l’accesso alla giustizia proprio grazie alla facoltà, seppure illegittima, di interpretare a loro modo l’articolo 24 della Costituzione scritta italiana, risulta consigliabile sottrarre alle regole costituzionali ulteriori norme: si pensi, ad esempio, se la Costituzione italiana prevedesse, riprendendo l’esempio precedente, che tutti hanno diritto ad accedere agli uffici postali e poi si sottoponesse una simile disposizone al vaglio interpretativo di una corte costituzionale composta da avvocati e magistrati: gli effetti potrebbero rivelarsi nefasti. Esiste, nella giurisdizione inglese, solo una frase, nella disposizione attuativa R3.2 della Parte 27 delle regole di procedura, la quale recita che presso il giudice di pace una parte può presentare il proprio caso personalmente oppure può essere rappresentata da un giurista o da un procuratore indipendente da albi professionali. Negli altri casi l’interessato può comparire di persona oppure tramite avvocato o procuratore indipendente: in quest’ultima circostanza, però, necessita la presenza anche della parte.
L’Inghilterra è il 6° Paese al mondo per efficienza nel risolvere le cause e la sua competitività raggiunge il 10° posto. Va notato che questo è l’unico esempio dove le strutture giudiziarie, che ottengono, come visto, la 6^ posizione, superano la competitività media della giurisdizione interessata che si colloca, invero, al 10° posto; ci si domanda se ciò possa essere dovuto al fatto di un più ampio utilizzo, nei tribunali inglesi, di giurie popolari che rendono il corpo giudicante maggiormente indipendente da ordini giudiziari e forensi. I britannici hanno spesso faticato a comprendere come le leggi, approvate da un Parlamento eletto, potessero essere revocate da una corte di giustizia, quella europea, composta esclusivamente da magistrati togati senza la minima presenza di una giuria popolare. Dall’altro lato, appare del tutto normale per gli italiani che norme ratificate da un Parlamento eletto possano essere annullate da una corte costituzionale composta da avvocati e magistrati.
Si dà il caso che, oltre alla maggiore competitività, il tasso di povertà risulta inferiore in quelle giurisdizioni dove è maggiormente facilitato il diritto di accesso agli uffici giudiziari; riassumendo il concetto in poche parole, emerge che avvocati, magistrati e notai causano inefficienza, inferiorità competitiva a livello economico e sociale, quindi povertà. Le rigidità aumentano i rischi d’impresa; per salvaguardare posizioni rigide in un determinato settore, si va di solito ad intervenire sulla flessibilità in un altro ambito. I rischi d’impresa causati dalle posizioni delle categorie forensi possono essere quindi ammortizzati attraverso la flessibilità del lavoro, come ad esempio accade in Grecia, Portogallo, Spagna e Italia; sarebbe forse più giusto intervenire su avvocatura, magistratura e notariato invece che sulle categorie produttive. I Paesi che hanno scelto un accesso più flessibile agli uffici giudiziari, infatti, hanno potuto permettersi una legislazione del lavoro più rigida, rimanendo comunque in alto alla classifica mondiale in fatto di competitività; si veda, ad esempio, la Norvegia che si posiziona 7^ al mondo per efficienza giudiziaria, 11^ per competitività, ma 109^ per flessibilità del lavoro. Incidentalmente il tasso di povertà in queste giurisdizioni si rivela, come detto, inferiore così come alto è il tasso di attrazione di personale competente, lasciando ai Paesi più arretrati chi si limita a possedere esperienza e professionalità come avvocati, magistrati e notai.